L'ultimo ballo dell'estate il settembre dei nonni
L'ultimo ballo dell'estate il settembre dei nonni

Settembre. Per molti è il mese del rientro, delle scadenze che tornano a bussare alla porta e dei pantaloni lunghi che, con un sospiro rassegnato, spodestano finalmente i bermuda dall'armadio. 

Ma c'è stato un tempo, non così lontano, in cui settembre aveva un sapore diverso. Un sapore di terra umida, di fatica che profuma di mosto e di tradizioni tramandate con la stessa cura con cui si conservano le vecchie fotografie ingiallite. Parliamo di quel settembre contadino, un mese che era un po' il gran finale, l'ultimo atto di una pièce teatrale durata un'intera stagione.

Se oggi il massimo della nostra "raccolta" è l'uscita al supermercato, i nostri nonni (e bisnonni, per i più fortunati) vivevano un'esperienza ben più epica. Era il mese della vendemmia, l'apice di un anno di lavoro nei campi. E non era solo una questione di uve da raccogliere, ma un vero e proprio rito sociale. Intere famiglie si mobilitavano, dai più anziani che impartivano ordini con la saggezza dei decenni, ai bambini che, tra un grappolo e l'altro, si divertivano a schiacciare gli acini con i piedi, ignorando la loro futura utilità alcolica. L'aria era satura di un profumo dolce e inebriante, un misto di uva matura, terra bagnata e la stanchezza felice di chi sa che il duro lavoro sta per dare i suoi frutti.

uva nera appena raccolta in mani chiuse sporche di terra
uva nera appena raccolta
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