L'ultimo ballo dell'estate, tradizioni di settembre dei nonni
Quando il cemento non era un optional e la luna scandiva i ritmi

Ma non era solo il vino a tenere banco. Settembre era anche il tempo della raccolta delle olive. Certo, non proprio nel senso "moderno" del termine, dove si va a fare la spesa e si sceglie tra "extravergine", "vergine" e "per friggere".
Parliamo di giornate passate sotto il sole, a stendere le reti e a scuotere i rami con lunghi bastoni, in una sorta di danza tribale per far cadere i preziosi frutti. Era un lavoro che richiedeva pazienza, precisione e una sana dose di ottimismo, visto che il raccolto non era mai garantito. E poi, il viaggio al frantoio, dove l'attesa si faceva spasmodica, per vedere finalmente il primo filo d'olio verde e denso, un tesoro liquido che avrebbe accompagnato l'inverno.
Oltre a vino e olio, settembre era il mese delle conserve. La cucina diventava il centro nevralgico della casa. Non c'erano chef stellati o programmi televisivi a ispirare, ma solo le ricette della nonna, scritte (o meglio, non scritte, ma impresse nella memoria) su pagine che non esistevano. Era il regno delle passate di pomodoro, un'operazione quasi militare che vedeva la partecipazione di tutti, con pentole gigantesche che ribollivano sul fuoco e vetri che venivano sterilizzati come in un laboratorio alchemico. Un'autentica maratona della conservazione, che garantiva scorte per i lunghi mesi freddi, quando l'unica verdura fresca era quella che, per un colpo di fortuna, resisteva all'orto.
